Alla prima porta occorre mostrare un tesserino .
È una porta di vetro ed acciaio, pesante e blindata.
Si apre piano perché non ha fotocellule per fermarla,
Si apre quando si apre e si chiude quando deve chiudersi ,
senza ripensamenti.
La seconda è poco più in la e, solidale alla prima ,si apre solo se l’altra è chiusa scacciando il profumo di fuori.
In mezzo, tra specchi , pertugi e sportelli di ferro, consegni la tua identità ed un lasciapassare alla guardia annoiata.
Dopo qualche passo all’aria aperta incontri la terza porta.
Mentre si apre piano ti prepari a lasciare un altro pezzettino di normalità.
Chiavi e telefoni vanno in una ordinato armadietto mentre altre due guardie, parlando di calcio fra loro , si dividono il controllo delle tue tasche e della tua borsa.
Lasci il tuo nome e mostri le tue carte mentre la quarta porta si chiude dietro di te e subito ,come una specie di eco, un rumore secco e metallico ti spalanca quella di fronte, la quinta.
Un corridoio stretto, un passaggio tra sbarre di metallo ben spesse ed altri tre varchi: apre – avanzi- chiude,apre – avanzi – chiude , apri- avanzi-chiude.Cinque , sei e sette.
Un ultimo passaggio all’esterno, anche se di esterno c’è solo il cielo, ed un ultima guardia che ti apre l’ottava porta con un cenno di saluto e finalmente sei giunto, dopo il nono varco, dal custode dei reclusi.
Dici un nome , il custode chiama ed attendi che lui si faccia vivo oltre la decima porta in fondo al corridoio.
Attendi il tempo che lui faccia il suo viaggio attraverso le sue tante porte sino a giungere a quel piccolo parlatorio dove attenderà da me qualche notizia che spesso non posso dare.
Non ho commenti, non ho arguti motti morali.
Questo è quello che accade.
Ci sono persone cattive li dentro o solo sbagliate, ma ogni volta che affronto questo piccolo viaggio i miei pensieri si fanno pesanti.
Poi esco,faccio rintoccare tutte dieci le porte e torno al mio piccolo zar ed alla sua mamma indaffarata che a quest’ora saranno con i pattini al parco.